Indovina…

1958

apertura_fotolia_27335837_xxlLunedì 10 ottobre ore 21.05, va in onda su Rai 3 “Indovina chi viene a cena”. Non il famoso film del 1967 con Spencer Tracy, Sidney Poitier e Katharine Hepburn. Ma la prima puntata dell’omonima trasmissione costola e anticipatrice (nel palinsesto) del noto programma Report. Per chi si occupa di alimenti e si inquieta per l’informazione televisiva al riguardo, il tema della puntata “Il latte e i suoi derivati, visti da tutti, proprio tutti, i punti di vista” rappresenta da sé un incipit preoccupante. Lo si capisce immediatamente con la scelta di Sabrina Giannini, psicologa e giornalista autrice di questa nuova striscia in access prime time, di iniziare la puntata con le dichiarazioni di un “noto” epidemiologo (a cui ho già dedicato un editoriale) che suonano già come campane a morto per il latte: «Non c’è nessuno studio che abbia dimostrato in modo chiaro che mangiare latte e formaggio ti protegge dalla fratture ossee. Anzi vi sono addirittura dei sospetti contrari». La psicologa e giornalista rincara la dose rifacendosi alla Scienza (la esse maiuscola la metto io) affermando che «Il Calcio contenuto nelle cipolle e in molti altri vegetali fortifica le ossa più di quanto non faccia il latte». Per avvalorare il tutto, la Giannini afferma che «Il mito del latte che previene l’osteoporosi cade davanti a numerose ricerche come questa recente dell’università di Harvard». La ricerca (Feskanich et al., American Journal of Epidemiology, 1996), tutt’altro che recente, è parte di uno studio prospettico (Nurses Health Study) di dati relativi a questionari sui consumi alimentari di 85900 donne, dal 1980 al 1992. Quindi, dati ancora meno recenti. Ma non è questo il problema. Se la psicologa e giornalista Giannini mostra un articolo scientifico, iniziativa lodevole e auspicabile nell’ambito dell’informazione alimentare, allora deve discuterlo in maniera appropriata. Perché non esiste una riga nell’articolo che contraddica il sopracitato mito. Esiste la conclusione che una dieta iperproteica aumenta del 20% la possibilità di frattura del radio, ma non del femore. Non potendo escludere, con certezza, tra le cause di tale rischio le proteine vegetali solo perché diete iperproteiche non animali comporterebbero l’ingestione di enormi quantità di alimenti. Ancora, nel lavoro si afferma che la dieta iperproteica quando abbinata a elevati livelli di assunzione di Calcio non è associata a un aumento di rischio di frattura. Ultimo e non meno importante, i dati raccolti evidenziano che un alto consumo di proteine animali nell’adolescenza non determina alcun aumento del rischio di frattura (radio o femore) in età adulta.

L’ho già scritto, c’è l’esigenza di parlare di cibo e di alimentazione su basi tecniche e scientifiche commisurate alla complessità e all’importanza degli argomenti. Se si vuole supportare la ragione vegana allora non c’è bisogno di scomodare (a sproposito) una ricerca scientifica. È sufficiente tirar fuori il buonismo animalista per i soli 5 anni di vita della vacca da latte “industriale”, dimenticandosi che nel mondo milioni di bambini muoiono anche prima non avendo disponibilità di latte (materno e di vacca). Basta far vedere, come fatto dalla Giannini, le ottime performance di una squadra di calcio (con la c minuscola) nel campionato di “quinta” divisione inglese in virtù del veganesimo dei suoi giocatori. Su queste basi, quando mi diranno che il latte non migliora più la vita di un bambino malnutrito (e non) o il giorno in cui il Forest Green Rovers Football Club (la squadra in questione) vincerà la Champions League, allora mi ricrederò su veganesimo, latte e Calcio (con la C maiuscola). Sono certo, non accadrà.

NdR: questo editoriale sarà pubblicato sul fascicolo di novembre della rivista Il latte. Vista la stretta attualità del tema, si è deciso di anticiparlo online.

1 commento

  1. Buon giorno Dott. De Noni, sono un suo studente.
    Ho letto il suo articolo e sono decisamente d’accordo a quanto oggi la gente parli a sproposito su materie che non le appartengono.
    Io non sono un alimentarista, ma so che lei lo è, quindi prendo i suoi dati con una certa serietà e con criticità scientifica.
    Sarebbe bello che gli scienziati parlassero di Scienza, e che gli psicologi parlassero di psicologia. OGNUNO AL PROPRIO POSTO.
    Un buon lettore dovrebbe certamente assimilare il concetto di un articolo, ma poi anche chiedersi chi l’ha scritto e se è o non è una fonte attendibile.

    In un momento di grande informazione, si sono rotte le barriere dell’affidabilità, tutti parlano e nessuno dice niente.

    Emerge un nuovo ruolo del lettore/spettatore, cioè di fare da filtro tra i discorsi attendibili e le cavolate.

    Longhini Francesco

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